Poiano
Una delle più significative case torre, è sicuramente quella situata sul crinale del colle di Poiano, un tempo molto popolato, posto tra Montericco e Albinea (Reggio Emilia). La villa di Poiano è compresa fra quelle dipendenti dal Castello di Montericco che l’imperatore Carlo IV, con atto (ASRE) datato Mantova 27 luglio 1368, “dà in feudo con ampia giurisdizione e con mero e misto impero a Nobili Cavalieri Giovanni Manfredi, e a Guido, Feltrino e Francesco fratelli e figlj dello stesso Giovanni” insieme a tutte le altre località già signoreggiate da tempo dai Manfredi. Dall’estimo del Comune di Albinea (ASMO) del 1590 apprendiamo i nomi delle famiglie che possedevano terre sul colle di Poiano: erano i Corradini, Guidotti, Frarri, Pellisilli, Dasi, Rorri, Lombardini, d’Amico, Cremeria.
Dell’originario complesso, trasformatosi nei secoli più recenti in abitazione rurale e da molti decenni in stato di abbandono, è ancora riconoscibile il nucleo centrale, costituito da una imponente casa-a-torre trecentesca, sorta probabilmente su strutture più antiche, quando i Manfredi, già importanti vassalli dei da Canossa, l’avevano costruita a protezione e difesa del loro feudo. Forse affidata a rami cadetti della casata e successivamente al massaro della frazione, la località Poiano appare indicata nelle più antiche mappe della regione. Non si può escludere che alla sua ricostruzione abbia provveduto proprio quel Guido, figlio di Giovanni, che nel 1353 riedificò i tre castelli dell’esteso feudo dei Manfredi che andava dal torrente Tresinaro al torrente Modolena, e cioè Borzano, Montericco e Mucciatella, distrutti dalla furia di Feltrino Gonzaga ai tempi delle guerre per la conquista di Reggio.
Nel Trecento la casa-a-torre di Poiano doveva essere una sorta di piccolo castello con compiti di rifugio e difesa ma anche di avvistamento e segnalazione ai castelli principali dell’avvicinarsi di nemici utilizzando per questo scopo anche i piccioni. La parte più alta della casa-a-torre era infatti costituita da una colombaia che in caso di assedio poteva fornire l’estremo cibo per i rifugiati. E’ ancora visibile il cordolo di colombaia, ottenuto con una prima fila di mattoni posti a dente di sega sormontati da un’altra fila regolare; l’uscita dei piccioni è costituita da bifore in laterizio. Il soffittino di gronda è assente in quanto la torre risulta abbassata e la copertura rifatta. La porta d’ingresso era sopraelevata al primo piano e vi si arrivava salendo su una scala che poi veniva ritirata all’interno. Strette feritoie consentivano ai rifugiati di scagliare frecce, dardi o colpi d’archibugio.
La presenza nel paramento murario di grossi conci d’angolo di arenaria ben squadrati profondamente incisi dagli agenti atmosferici, la sua pianta quadrata con lati esterni di circa 6 metri, e lo spessore dei muri che varia da 70 a 100 cm., ci lasciano supporre che la casa a torre sia stata riedificata riutilizzando blocchi già appartenuti ad una costruzione più antica, come sopra accennato, probabilmente riconducibile al sistema difensivo canusino. Interessanti sono i confronti con la torre di guardia di Viano, appartenuta ai Fogliani, anche loro vassalli matildici. L’argomento meriterebbe altro spazio, al quale si rimanda.
